Da Matteo Codignola, Il “diario immenso” di Ettore Sottsass
“Leggendo Sottsass abbastanza a lungo – difficile del resto assumerlo in dosi omeopatiche, ha scritto migliaia e migliaia di pagine –, si finisce per decidere che quel suo nomadismo intellettuale, fisico, e anche stilistico (Ettore ha letto di tutto, viaggiato ovunque e, a concentrarsi anche solo sulla scrittura, l’ha usata quasi in ogni variante disponibile), era la forma esterna, solo apparentemente compulsiva, di una ricerca tranquilla, lenta, persino metodica, e interamente costruita intorno alle immagini. Ritagliarle e incollarle poteva sembrare una mania innocente, ma data la sua persistenza considerarla tale sarebbe come pensare che Joseph Cornell raccogliesse scarti di pellicola nei bidoni della spazzatura per alimentare una sua collezione privata. Non è così. Ettore le immagini le usava, tutti i giorni, e ricostruendo quegli scompartimenti immaginari stava sperimentando un metodo di lavoro che negli anni avrebbe continuato a perfezionare.”